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Trento, 4 novembre 2014 BONDONE – 36 milioni di euro per un centro benessere di lusso sul monte Bondone, che andrà a prendere il posto delle ex caserme austroungariche alle Viote. Questo, in estrema sintesi, il risultato prodotto dall’operazione di rilancio turistico della zona annunciata qualche mese fa dall’assessore Mauro Gilmozzi. Una proposta che, per la brutale indifferenza verso il patrimonio storico e ambientale del luogo, ha scatenato la reazione dei Verdi e di associazioni come Lipu e Italia Nostra. Ammantato della pretesa di «valorizzare» il contesto architettonico delle ex caserme, il progetto prevede, infatti, una massiccia alterazione sia delle strutture, con aumenti di volumetrie, che della destinazione d’uso, con iniziative turistico-speculative di dubbia sostenibilità. E con il rischio, oltretutto, di compromettere la funzioni del contiguo parco naturale delle Viote, di grande rilievo paesaggistico, botanico e faunistico, e in generale di tutto l’areale. Tutta quanta l'operazione sarebbe gestita da Patrimonio Trentino spa, senza nemmeno interpellare sindaco, giunta e consiglio della città a cui pure l’intervento farebbe capo. «Noi Verdi, assieme a Lipu, siamo riusciti ad acquisire la proposta di avviamento del progetto – spiega Marco Ianes, co-portavoce dei Verdi del Trentino –, che prevede appunto un resort con il sistema del project financing. Mi chiedo innanzitutto se ci siano aziende interessate ad investire e poi comunque che senso ha mettere in campo un ulteriore opera di sfruttamento del territorio, un territorio che oltretutto è già in sofferenza, che fatica a trovare una sua dimensione, pur avendo un sacco di potenzialità». Contro la minaccia dell’albergo esclusivo, Marco Ianes e i Verdi hanno lanciato una petizione online, che ha lo scopo dichiarato di salvaguardare la biodiversità della montagna di Trento, in favore di uno sviluppo ecosostenibile, che non sia solo speculazione di pochi a danno dei beni comuni. Una petizione che ora si cerca di diffondere il più possibile, in modo da dimostrare, con un buon numero di firme, a Rossi e alla Giunta provinciale che i cittadini sono contrari e convincerli in questo modo a fare dietrofront. «Per diffondere ancora più capillarmente la raccolta firme tra i cittadini che non usano internet, saremo presenti con un gazebo sabato 8 novembre dalle 10 alle 18 in via Manci a Trento. Saremo lì tutto il giorno, anche per dare informazioni alla gente e per creare discussione su questo tema». Al gazebo sarà anche possibile visionare il progetto del resort che la Provincia vorrebbe realizzare sul Bondone. «E lo vorrebbe realizzare a spese nostre e coinvolgendo anche privati a cui regalare il monte Bondone – dice ancora Ianes –. Noi invece diciamo no alla speculazione e al consumo di territorio. Non è certo questa la via da perseguire per riqualificare un'area cittadina di elevato pregio biologico, che invece potrebbe attirare molti più turisti sulle strutture già esistenti, se venissero seriamente progettati investimenti promozionali dell'ecosistema del Bondone. Meno soldi, spesi sicuramente meglio, tutela reale del territorio e salvaguardia di chi vi opera economicamente da decenni. Se questi sono i modi della nuova politica di rilancio dell'economia in Trentino, mi rimangono serie e profonde perplessità sul continuare a lavorare politicamente con queste alleanze. Come Verdi, rifletteremo seriamente, su tutto ciò». La vicenda del resort sul Bondone, del resto, fa il paio con i contenuti della nuova legge sul turismo lanciata dall’assessore Michele Dallapiccola qualche settimana fa addirittura come una «svolta epocale» e che, invece, apre a nuove, pericolose speculazioni. Dall’abilitazione per gli albergatori a fare visite guidate agli ospiti, all’apertura indiscriminata delle strade forestali, alle liberalizzazioni sull’uso delle motoslitte: scorciatoie che evidenziano la mancanza di una visione politica che vada al di là del «fare cassa» per un paio di anni, ma che nel contempo piegano il territorio ad un uso meramente strumentale e che anche secondo Marco Ianes vanno «contro qualsiasi logica turistica e di salvaguardia».
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